Affidarsi

Il capitolo "Affidamento" del Sutra del Loto afferma che coloro che diffondono l'insegnamento <<...ripagano il debito di gratitudina nei confronti dei Budda>>.
E' quello che cerco di fare anche io...
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mercoledì 2 giugno 2010

I benefici

Nichiren Daishonin spiega il significato dei caratteri cinesi usati per la parola beneficio (in giapponese kudoku): ku sta per “estinguere il male”, doku per “far emergere il bene”.

Ma cosa significa tutto ciò? E poi, non abbiamo forse detto che per il Buddismo “bene” e “male” sono due concetti non opposti ma complementari? Cerchiamo di capire meglio.


Il beneficio “incospicuo”

I benefici nel Buddismo, possono essere “visibili” e “invisibili”, cioè “cospicui” e “incospicui”: se dei primi è facile capirne la natura, i secondi necessitano di un approfondimento. Tutti noi abbiamo iniziato a praticare con delle aspettative. Smettere di soffrire per qualcosa, realizzare un sogno, o anche semplicemente sentirsi “spiritualmente” appagati. In assenza di esperienza di pratica, le nostre aspettative nascevano dall’aver sentito raccontare di benefici ottenuti da qualcuno di cui ci fidavamo. Per chi inizia, spesso la risposta più gradita alle proprie “preghiere” è rappresentata dai benefici visibili e materiali, e senza di essi probabilmente un principiante non continuerebbe con lo stesso entusiasmo. Ma, a distanza di anni, è necessario interrogarsi sinceramente sulle nostre aspettative e sulla qualità dei risultati che abbiamo ottenuto: qual è il reale beneficio della pratica buddista?

Nel Gosho L’insegnamento, la pratica e la prova leggiamo che «le persone nate oggi, nell’Ultimo giorno della Legge, ricevono il seme della Buddità per la prima volta, e il loro beneficio è quindi incospicuo» (Gli scritti di Nichiren Daishonin, v. 6, p. 201). Come è spiegato in un brano successivo, “incospicuo” significa che «le persone non possono né percepirli né comprenderli». Il motivo di questa affermazione è che il beneficio fondamentale della pratica buddista è l’Illuminazione, il risveglio della natura di Budda che risiede profondamente in noi stessi senza che ne siamo consapevoli. «La saggezza di tutti i Budda è difficile da credere e difficile da comprendere» afferma il capitolo Hoben del Sutra del Loto. Alla luce di questi brani si scopre che lo scopo fondamentale del Buddismo non ha a che fare con l’ottenimento di benefici “visibili”, ma riguarda la progressiva presa di coscienza, da parte delle persone comuni, del fondamentale beneficio invisibile che è l’emergere della natura di Budda.


La trasformazione dell’ichinen

Il Buddismo descrive la Legge fondamentale della vita come il principio mistico di causa ed effetto. Nel Buddismo del Daishonin il manifestarsi della natura di Budda è un effetto della recitazione di Nam-myoho-renge-kyo al Gohonzon, ma a sua volta è anche la potenziale causa di progressive e radicali trasformazioni della vita individuale, le quali originano dal profondo cambiamento a livello dell’ichinen. L’ichinen è il modo in cui viviamo il singolo attimo presente. Per fare un esempio, è esperienza abbastanza comune per un praticante che una sofferenza che sembra insopportabile si sciolga naturalmente durante la preghiera e si trasformi, nella nostra percezione, in un problema normale e risolvibile. Nulla è cambiato durante la preghiera, se non l’ichinen, cioè il modo di “sentire”.
È incredibile quanto questa trasformazione, apparentemente così insignificante, possa provocare una vera e propria rivoluzione della vita dell’individuo e del suo ambiente, la “rivoluzione umana”. Tutto origina dall’ichinen, il quale, secondo la teoria buddista di ichinen sanzen, contiene in sé tutte le potenziali manifestazioni fenomeniche dell’universo, abbracciando, oltre all’individuo, anche l’ambito sociale e l’ambiente fisico.

Anche il principio buddista di interdipendenza, spiegando come tutti i fenomeni siano in relazione tra di loro e si influenzino a vicenda come se fossero nodi di una fitta rete, afferma che non esiste discontinuità tra l’ichinen individuale e l’intero universo.


La libertà dal karma

Secondo la teoria del karma, qualsiasi caratteristica della vita individuale – la nascita, le caratteristiche fisiche e psicologiche, la famiglia, il luogo e le condizioni di nascita, l’ambiente sociale e naturale, gli eventi che formano la storia personale, le gioie e i problemi, gli incontri, le malattie e la morte – non sono frutto del caso, ma sono determinati da cause poste in precedenza.

Dal punto di vista dello scorrere del tempo, la vita può dunque essere vista come un eterno flusso, determinato dalla legge del karma, in cui le cause poste producono effetti i quali, a loro volta, determinano nuove cause. Da questo punto di vista sembra assai difficile modificare anche di poco il flusso karmico, tanto è vero che sia il Buddismo che le altre religioni dell’India vengono spesso accusate di fatalismo.

Ma esiste un tempo e un luogo in cui è possibile modificare il flusso inesorabile delle azioni e delle reazioni: il qui e ora. Il singolo istante presente, o ichinen, racchiude in sé l’eternità, essendo in esso rappresentato l’intero passato sotto forma di effetti e il futuro sotto forma di cause.

Il beneficio “incospicuo” della recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, che abbiamo descritto come trasformazione dell’ichinen, si manifesta quindi come libertà, per un istante, di spezzare le catene karmiche che naturalmente ci spingerebbero ad essere e ad agire come schiavi del passato senza inizio. Brani del Gosho come «il Budda afferma che dobbiamo diventare padroni della nostra mente e non lasciare che la mente sia la nostra padrona» (Lettera a Gijo Bo, Gli scritti di Nichiren Daishonin, v. 5, p. 3) o «Shakyamuni insegnò che è facile abbracciare il superficiale, ma abbracciare il profondo è difficile. Scartare il superficiale e ricercare il profondo richiede coraggio» (Ripagare i debiti di gratitudine, Gli scritti di Nichiren Daishonin, v. 2, p. 115) esprimono la possibilità, il modo, ma anche la difficoltà di tradurre in azione questo breve istante di libertà senza limiti.



La purificazione dei sei sensi

Utilizzare bene “un istante” di libertà non è facile, in quanto il karma si manifesta a livello dei cinque sensi e della mente sotto forma di preconcetti e illusioni, le quali costituiscono un grande ostacolo. È a causa delle illusioni che la nostra percezione della realtà è incompleta, le idee che ci facciamo riguardo ai fenomeni relativi alla nostra vita sono spesso erronee e di conseguenza il nostro agire, invece di portarci a essere felici, spesso produce il risultato opposto.
Ritenere che le cause della sofferenza siano fuori di noi, credere di poter essere felici indipendentemente dagli altri, attendersi degli effetti senza aver posto le cause, pensare che la sofferenza o la gioia durino per sempre, essere convinti che possiamo essere felici solo in un altro luogo o in un altro tempo, sono solo alcuni esempi assai comuni di convinzioni sbagliate che ci impediscono di creare un’esistenza felice. Per questo, nell’Ongi kuden Nichiren descrive il beneficio della pratica buddista come la “purificazione dei sei sensi”: la vista, l’udito, il tatto, il gusto, l’olfatto e la mente.
Attraverso questa purificazione, che è un altro effetto della trasformazione dell’ichinen, possiamo migliorare la nostra capacità di percepire e comprendere la realtà della vita e del nostro ambiente, smaschereremo gli alibi e le scuse che ci siamo creati e in tal modo conosceremo sempre meglio noi stessi, le nostre debolezze e i nostri punti di forza, così come quelli degli altri.

Nel capitolo Juryo del Sutra del Loto Shakyamuni esprime il potere della purificazione dei sei sensi quando afferma che «la mia terra pura non viene distrutta, eppure la moltitudine la vede come se fosse consumata dal fuoco: ansia, paura e altre sofferenze predominano in essa». La nostra vita, che ci appare a volte come sofferenza insopportabile, è in realta la stessa vita del Budda, la pura terra in cui le persone vivono “felici e a loro agio”.


La trasformazione della sofferenza

Cosa vuol dire trasformare la sofferenza?

Shakyamuni volle superare le sofferenze della vita eppure, come tutti gli esseri viventi, invecchiò, si ammalò più volte e alla fine non potè sfuggire alla morte. Ai nostri occhi, apparentemente, persino il Budda non riuscì a sottrarsi alle sofferenze. Eppure tutti i sutra affermano che egli ottenne la liberazione da esse e impiegò il resto della sua vita a insegnare ai suoi discepoli come fare lo stesso. Evidentemente il tipo di “beneficio” sperimentato dal Budda non fu quello di non soffrire più: se avessimo una simile aspettativa per noi stessi dobbiamo comprendere che non otterremo alcuna risposta.
In un brano del Gosho Le quattordici offese si legge: «Per la legge dell’impermanenza della vita, tutto ciò che nasce è destinato a morire. (…) Nessuno può sfuggire a questa impermanenza: alla fine tutti faremo il viaggio alle sorgenti gialle» (Gli scritti di Nichiren Daishonin, v. 5, p. 171). Eppure, nonostante l’impermanenza sia una verità evidente per chiunque, le illusioni che originano dalla nostra mente ci impediscono spesso di accettarne la realtà. Così come non accettiamo facilmente che i momenti di gioia siano destinati a finire, mentre soffriamo ci è difficile percepire che anche la sofferenza è impermanente, cioè che non dura per sempre e che è possibile superarla, e cadiamo preda della disperazione.
Ma per chi pratica, la sofferenza è uno stimolo a pregare il Gohonzon, e l’effetto di tale azione è la trasformazione del mondo di Inferno nel mondo di Budda, un evento che ribalta completamente il nostro modo di percepire la situazione e quindi di agire per cambiarla. Anche dopo aver abbracciato la fede abbiamo delle sofferenze, dei problemi che sembrano senza via d’uscita. Ma ora qualunque cosa ci accada rappresenta un’opportunità per dare una prova della nostra fede.
La trasformazione della sofferenza è un beneficio “cospicuo” o visibile che deriva da un cambiamento profondo a livello dell’ichinen. Nel Gosho I tre tipi di tesori è spiegata questa relazione tra cambiamento interiore e manifestazione di tale cambiamento all’esterno: «Un importante principio buddista dice che “la fragranza interna otterrà protezione esterna”[…] ».


Il potere della fede

I benefici visibili rappresentano, soprattutto all’inizio della pratica, un elemento fondamentale per costruire una salda fede nel Gohonzon.

Avere fede nel Gohonzon vuol dire credere nel potenziale infinito insito nella nostra vita, nella possibilità di trasformare qualsiasi problema in un’esperienza e qualsiasi sofferenza in gioia. Una fede che nasce e si rafforza attraverso l’esperienza ci rende pian piano sempre più liberi dalla paura di dover affrontare nuove difficoltà, estendendo i nostri limiti via via più lontano.

Quando recitiamo è necessaria una fede completamente libera dal dubbio. In tal modo l’ichinen non si disperde e non si distrae, ma è completamente concentrato nella straordinaria impresa di trasformare l’impossibile in possibile. Nessuno può evitare i problemi, ma il consolidamento della fede consiste proprio nello stabilire un ichinen sempre meno soggetto alle tempeste della vita. Il presidente Ikeda paragona l’alto stato vitale che scaturisce dalla fede alla profondità dell’oceano, che non viene turbata dalle tempeste che avvengono in superficie.
Solo con la fede si può accedere alla Buddità, il beneficio “incospicuo” che gli esseri umani non sono in grado di percepire né comprendere con le loro capacità. Per questo “coltivare” la propria fede è la cosa più importante, è la causa fondamentale per l’ottenimento di ogni genere di benefici.

(da: Buddismo e società n.98, maggio 2003)

martedì 1 giugno 2010

84 mila

Nichiren dice che il numero 84mila sta per "84mila preoccupazioni e illusioni simili a polvere che ci assediano", che indicano ogni sorta dilotte faticose.
La vita è una successione di lotte innumerevoli come i granelli di polvere.
Ma quando recitiamo Nam Myo Ho Renghe Kyo, insegna Nichiren, queste fatiche diventano "gli 84mila insegnamenti".
Ogni difficoltà affrontata diventa una lezione per la ns vita, trasformandosi in saggezza e in capacità di aiutare e guidare gli altri.

D. Ikeda "La Saggezza del Sutra del Loto" vol. 4, p. 150

domenica 23 maggio 2010

Il mondo di Buddità



Stabilizzare la Buddità come nostra condizione di base non significa liberarsi degli altri nove mondi. Tutti questi stati sono aspetti integranti e necessari della vita. Senza sperimentare le sofferenze dell’Inferno, non potremmo mai provare una sincera compassione per ...gli altri. Senza i desideri istintivi rappresentati da Avidità e Animalità, dimenticheremmo di mangiare, dormire e riprodurci, arrivando ben presto all’estinzione. Anche se realizziamo la Buddità come nostra tendenza vitale di base, continueremo a sperimentare le gioie e i dolori dei nove mondi. La differenza è che essi non ci domineranno, e noi non ci definiremo in funzione di essi. Basandoci sulla tendenza vitale della Buddità, i nostri nove mondi si armonizzeranno e agiranno a beneficio nostro e di chi ci circonda.

sabato 22 maggio 2010

Frase del giorno 22/05/2010 di Daisaku Ikeda


Dobbiamo coltivare uno stato vitale in cui proviamo gioia in ogni istante.
Dovremmo avere una tale gioia che persino al momento della morte potremo affermare con un sorriso: «È stato meraviglioso! Dove andrò dopo?»
Questo è il pensiero di una persona dalla forte fede.
Questi individui rinasceranno subito in una forma e in un luogo in accordo con i loro desideri.
La fede ci dà la possibilità di raggiungere uno stato vitale che abbraccia tutto con generosità, rendendo felici le nostre esistenze.


Grazie Sensei

domenica 16 maggio 2010

Alleggerire la retribuzione karmica


(Brani scelti, testo integrale: RSND, 1, 173; cfr. SND, 4, 93)
Titolo originale: Tenju Kyoju Homon, GZ, 1000
Scritto il 5 ottobre 1271, a 50 anni, da Echi
Destinato a Hota Saemon, Soya Nyudo, Kimbara Hokyo


[...] Nel Sutra del Nirvana si trova il principio dell'alleggerimento della retribuzione karmica. Se il karma pesante del passato non viene espiato in questa esistenza, si dovranno sopportare le sofferenze dell'inferno nel futuro, tuttavia, incontrando grandi difficoltà in questa vita [a causa del Sutra del Loto], le sofferenze dell'inferno svaniranno immediatamente. Alla morte si otterranno i benefici dei mondi umano e celeste, dei tre veicoli e dell'unico veicolo. Il bodhisattva Mai Sprezzante non fu deriso, insultato e colpito con pietre e bastoni senza motivo: probabilmente aveva offeso l'insegnamento corretto nel passato. La frase «quando le sue colpe furono espiate» 1 indica che il bodhisattva Mai Sprezzante poté sradicare le colpe delle precedenti esistenze grazie alle persecuzioni che incontrò. (Ciò conclude la mia prima argomentazione).
[...] Si può recitare perfettamente il Sutra del Loto, ma è ben più difficile metterne in pratica gli insegnamenti. Il capitolo Parabola e similitudine afferma: «Se qualcuno [...] vedendo coloro che leggono, recitano, copiano e sostengono questo sutra, li dovesse disprezzare, odiare, invidiare, o provare rancore nei loro confronti». 2 Il capitolo Maestro della Legge afferma: «E poiché odio e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano perfino mentre il Tathagata è nel mondo, quanto peggio sarà dopo la sua scomparsa?». 3 Nel capitolo Esortazione alla devozione si legge: «Molte persone ignoranti [...] ci attaccheranno con spade e bastoni [...] saremo esiliati più e più volte». 4 Il capitolo Pratiche pacifiche afferma: «[Il Sutra del Loto] nel mondo dovrà fronteggiare molta ostilità e sarà difficile credervi». 5 Queste sono citazioni dal sutra, sono le profezie del Budda, ma non c'è alcuna indicazione su quando si realizzeranno. In passato il bodhisattva Mai Sprezzante e il monaco Realizzazione di Virtù lessero e sperimentarono con la propria vita questi passi. Ma, lasciando da parte i duemila anni del Primo e del Medio giorno della Legge, ora, nell'Ultimo giorno, sembra che in tutto il Giappone soltanto Nichiren stia facendo lo stesso. Nell'attuale situazione posso comprendere il dolore provato dai seguaci, parenti, discepoli e sostenitori laici dei tanti monaci santi perseguitati al tempo dei sovrani malvagi del passato. Nichiren ha ora letto [e vissuto] interamente il Sutra del Loto. 6 Se anche un solo verso o una sola frase garantiscono l'Illuminazione, poiché io ho letto l'intero sutra la mia Illuminazione è ancor più certa. Sono fiducioso più che mai. Sebbene possa apparire presuntuoso, il mio più ardente desiderio è realizzare sicurezza e pace in tutto il paese. Tuttavia, in un'epoca in cui nessuno mi dà retta, questo va oltre il mio potere. Concludo per non dilungarmi oltre.
Nichiren

Il quinto giorno del decimo mese dell'ottavo anno di Bun'ei (1271), segno ciclico kanoto-hitsuji
Risposta a Ota Saemon-no-jo, al prete laico Soya e al Ponte del Dharma Kimbara

Note
1) SDL, 359.
2) Ibidem, 94.
3) Ibidem, 212.
4) Ibidem, 253-255.
5) Ibidem, 271.
6) Affermando di aver "letto" l'intero sutra, il Daishonin qui vuol dire che vi ha dedicato la vita, adempiendo alle predizioni in esso contenute.

Il raggiungimento della buddità in questa esistenza


Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita
e morte che sopporti dal tempo
senza inizio e ottenere sicuramente la suprema
illuminazione in questa esistenza,
devi cogliere la mistica verità che è originariamente
inerente a tutti gli esseri viventi.
Questa verità è Myoho-renge-kyo. Di
conseguenza recitare Myoho-renge-kyo ti
permetterà di cogliere questa mistica verità
innata in tutti gli esseri viventi.
Il Sutra del Loto è il re dei sutra, autentico
e corretto sia nella lettera sia nella
teoria. I suoi caratteri sono il vero aspetto
di tutti i fenomeni e questo vero aspetto
è la Legge mistica (myoho). È chiamata
Legge mistica perché rivela la relazione di
mutua inclusione tra un singolo istante di
vita e tutti i fenomeni. È questa la ragione
per cui questo sutra è la saggezza di tutti
i Budda.
“Mutua inclusione tra un singolo
istante di vita e tutti i fenomeni” significa
che la vita in ogni singolo istante abbraccia
il corpo e la mente, l’io e l’ambiente di
tutti gli esseri senzienti dei Dieci mondi e
anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila
regni: le piante, il cielo e la terra, fino
al più piccolo granello di polvere. La vita
in ogni singolo istante permea l’intero regno
dei fenomeni e si manifesta in ognuno
di essi. Risvegliarsi a questa verità è di per
sé la relazione di mutua inclusione tra un
singolo istante di vita e tutti i fenomeni.
Tuttavia, se reciti e credi in Myoho-rengekyo,
ma pensi che la Legge sia al di fuori
di te, stai abbracciando non la Legge mistica,
ma un insegnamento inferiore. “Insegnamenti
inferiori” sono quelli diversi
da questo sutra, che sono tutti espedienti
e insegnamenti provvisori. Nessun espediente
o insegnamento provvisorio conduce
direttamente all’illuminazione e, senza
la diretta via all’illuminazione, non si può
conseguire la Buddità, neanche praticando
vita dopo vita per innumerevoli kalpa.
Conseguire la Buddità in questa esistenza
sarebbe dunque impossibile. Perciò,
quando invochi myoho e reciti renge1 devi
sforzarti di credere profondamente che
Myoho-renge-kyo è la tua vita stessa.
Non pensare mai che qualcuno degli
ottantamila sacri insegnamenti di Shakyamuni
o qualcuno dei Budda e bodhisattva
delle tre esistenze e delle dieci direzioni
sia al di fuori di te. La pratica degli insegnamenti
buddisti non ti solleverà affatto
dalle sofferenze di nascita e morte a meno
che tu non percepisca la vera natura della
tua vita(2). Se cerchi l’illuminazione al di
fuori di te, anche eseguire diecimila prati-
che e diecimila buone azioni sarà inutile,
come se un povero stesse giorno e notte a
contare le ricchezze del suo vicino, senza
guadagnare nemmeno mezzo centesimo.
Per questo il commentario della scuola
T’ien-t’ai afferma: «Se non si percepisce la
natura della propria vita, non si possono
sradicare le proprie gravi colpe»3. Questo
implica che, finché non si percepisce
la natura della propria vita, la pratica sarà
un’infinita e dolorosa austerità. Perciò
queste persone che studiano il Buddismo
vengono tacciate di essere non buddiste.
In Grande concentrazione e visione profonda
si afferma che, benché studino il
Buddismo, le loro idee non sono diverse
da quelle dei non buddisti.
Sia che tu invochi il nome del Budda4,
che reciti il sutra o semplicemente offra
fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose
metteranno nella tua vita buone radici e
benefici. Pratica la fede con questa convinzione.
Il Sutra di Vimalakirti afferma
che, quando si ricerca l’emancipazione del
Budda nelle menti degli esseri comuni, si
scopre che gli esseri comuni sono le entità
dell’illuminazione e che le sofferenze
di nascita e morte sono nirvana. Afferma
inoltre che, se la mente degli esseri viventi
è impura, anche la loro terra è impura,
ma se la loro mente è pura, lo è anche la
loro terra; non ci sono terre pure e terre
impure di per sé: la differenza sta unicamente
nella bontà o malvagità della nostra
mente.
Lo stesso vale per un Budda e una
persona comune. Quando una persona è
illusa è chiamata essere comune, quando è
illuminata è chiamata Budda. È come uno
specchio appannato che brillerà come un
gioiello se viene lucidato. Una mente annebbiata
dalle illusioni derivate dall’oscurità
innata è come uno specchio appannato
che, però, una volta lucidato, sicuramente
diverrà limpido e rifletterà la natura essenziale
dei fenomeni e il vero aspetto della
realtà. Risveglia in te una profonda fede
e lucida con cura il tuo specchio notte e
giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando
Nam-myoho-renge-kyo.
Cosa significa myo (mistico)? È semplicemente
la misteriosa natura della nostra
vita di istante in istante5, che la mente
non riesce a comprendere e le parole non
possono esprimere. Guardando la nostra
mente in ogni singolo istante, non percepiamo
né colore né forma per verificare
che esiste. Eppure non possiamo nemmeno
dire che non esiste, poiché molti pensieri
differenti sorgono di continuo. Non
possiamo né ritenere che la mente esista
né che non esista. È una realtà inafferrabile
che trascende sia le parole sia i concetti
di esistenza e di non esistenza. Non è né
esistenza né non esistenza, e tuttavia manifesta
le proprietà di entrambe. È la mistica
entità della Via di mezzo che è l’unica vera
realtà. Myo è il nome dato alla misteriosa
natura della vita e ho quello attribuito alle
sue manifestazioni. Renge, che significa
fiore di loto, simboleggia la meraviglia e il
mistero di questa Legge. Se comprendiamo
che la nostra mente, o vita, in questo
istante è myo, allora comprenderemo che
essa è la Legge mistica anche negli altri
istanti.6 Tale comprensione è il mistico
kyo, o sutra. Il Sutra del Loto è il re dei
sutra, la diretta via all’illuminazione, poiché
spiega che l’entità della nostra mente
o vita in ogni singolo istante, dalla quale
sorgono sia il bene che il male, è in realtà
l’entità della Legge mistica.
Se reciti Myoho-renge-kyo con una
profonda fede in questa verità, sicuramente
conseguirai la Buddità in questa esistenza.
Questo è il motivo per cui il sutra afferma:
«Dopo la mia estinzione, dovrebbe
abbracciare e sostenere questo sutra. Tale
3. Annotazioni su “Grande concentrazione e
visione profonda”.
4. Il nome del Budda: in questo contesto denota
Nam-myoho-renge-kyo.
5. Lett.: «…della nostra mente-cuore in ogni
singolo istante» (giap. ichinen no kokoro).
6. Questa frase si può interpretare anche: «Se
comprendiamo che la nostra mente, o vita, in questo
istante è myo, allora comprenderemo che anche
la mente o vita degli altri è la Legge mistica».
persona sicuramente, senza alcun dubbio,
conseguirà la via del Budda»7. Non dubitare
mai minimamente.
Rispettosamente.
Mantieni la tua fede e consegui la
Buddità in questa esistenza. Nam-myohorenge-
kyo, Nam-myoho-renge-kyo.
Nichiren.
CENNI STORICI – Nichiren Daishonin
scrisse questa lettera per Toki Jonin, nel
settimo anno di Kencho (1255), due anni
dopo aver proclamato l’insegnamento di
Nam-myoho-renge-kyo. A quell’epoca il
Daishonin aveva trentaquattro anni e si
era stabilito a Kamakura, sede del governo
militare. Toki Jonin era un fedele discepolo
che viveva a Wakamiya e prestava servizio
presso il signore di Chiba, conestabile
della provincia di Shimosa. Convertitosi
intorno al 1254, ricevette dal Daishonin
una trentina di lettere, tra cui Lettera da
Sado, e uno dei trattati più importanti,
L’oggetto di culto per l’osservazione della
mente.
Tra i suoi scritti di quel periodo, Il
conseguimento della Buddità in questa esistenza
si concentra sui princìpi fondamentali
del Buddismo del Daishonin, mentre
molti altri scritti sono volti a confutare le
dottrine delle altre scuole.
Questo breve saggio riflette le teorie
formulate da T’ien-t’ai sulla base del Sutra
del Loto e allo stesso tempo rivela la pratica
concreta per conseguire la Buddità in
questa esistenza, ovvero la recitazione di
Nam-myoho-renge-kyo, che nell’impianto
teorico di T’ien-t’ai era assente.
Myoho-renge-kyo è il titolo del Sutra
del Loto, ma secondo il Daishonin è molto
più di questo: è l’essenza stessa del sutra,
la rivelazione della Legge suprema. In questo
scritto sono evidenti sia la profondità
del suo pensiero sia la sua convinzione che
Nam-myoho-renge-kyo è l’unico insegnamento
in grado di condurre alla Buddità
le persone nella presente esistenza

sabato 15 maggio 2010

Le quattoridici offese


(BRANO SCELTO, testo integrale: SND, 5, 171)

Titolo originale: Matsuno Dono Gohenji (Jushi hibo sho), GZ, 1381
Scritto il 9 dicembre 1276, a 55 anni, da Minobu
Destinato a Matsuno Dono


[...] Nella tua lettera chiedi: «Dal giorno in cui ho preso fede in questo sutra, ho continuato a leggere il Junyoze1 e il Jigage2 e ho recitato Daimoku senza alcuna negligenza. Ma c'è una differenza fra i benefici del Daimoku recitato da un saggio e i benefici del Daimoku che recitiamo noi?». Nessuno dei due è superiore o inferiore, come non c'è differenza fra l'oro posseduto da uno stolto e l'oro posseduto da un saggio, o fra il fuoco acceso da uno stolto e il fuoco acceso da un saggio.
Tuttavia c'è una differenza se si recita agendo contro lo spirito di questo sutra. Nella pratica di questo sutra si possono commettere varie offese. Riassumendo, citerò lo Hokke mongu ki: «Illustrando i vari tipi di male, questo testo afferma concisamente: "Predica fra i saggi, non fra gli stolti".3 Enumerando questi mali, uno studioso4 dice: "Prima elencherò le cattive cause, poi i cattivi effetti. Le cattive cause sono quattordici: 1) arroganza, 2) negligenza, 3) giudizi arbitrari, 4) conoscenza superficiale, 5) attaccamento ai desideri, 6) mancanza di comprensione, 7) mancanza di fede, 8) disprezzo, 9) dubbio, 10) calunnia, 11) mancanza di rispetto, 12) odio, 13) gelosia, 14) rancore"». Queste quattordici offese si applicano sia ai monaci che ai laici, quindi devi guardarti da esse. Nel passato il bodhisattva Mai Sprezzante (Fukyo) sostenne che tutti gli esseri umani hanno la natura di Budda e che abbracciando il Sutra del Loto avrebbero ottenuto la Buddità; perciò disprezzare una persona è disprezzare un Budda. La sua pratica era di venerare tutti. Egli venerava anche coloro che non credevano nel Sutra del Loto perché anch'essi avevano la natura di Budda e un giorno avrebbero avuto fede. A maggior ragione devi venerare i monaci e i laici che abbracciano il sutra.
Nel quarto volume del Sutra del Loto si legge: «La colpa di pronunciare una sola parola sprezzante contro chi abbraccia e predica il Sutra del Loto, che sia un monaco o un laico, è più grave della colpa di insultare direttamente il Budda Shakyamuni per un intero kalpa».5 Afferma anche: «[Se uno vede una persona che abbraccia questo sutra e cerca di denunciarne le colpe, sarà colpito in questa esistenza dalla lebbra bianca], che dica la verità o no».6 Perciò tieni a mente queste parole e non dimenticare che coloro che abbracciano il Sutra del Loto non devono insultarsi l'un l'altro, perché chi ha fede nel Sutra del Loto diventerà sicuramente un Budda e chi insulta un Budda commette una colpa.
I benefici del Daimoku recitato da chi ha capito questo sono uguali ai benefici del Budda Shakyamuni. Nel Kongobei ron Miao-lo scrive: «Sia l'essere che l'ambiente dell'inferno esistono nel cuore del Budda. Il "corpo e la terra" del Budda Vairochana non trascendono l'ichinen dei comuni mortali». Da questa citazione puoi immaginare il significato delle quattordici offese. Le domande che fai sul Buddismo mostrano che tu sei un uomo che prega sinceramente per l'esistenza futura. Il sutra afferma che le persone che ascoltano [e accettano] questo insegnamento saranno molto rare.7 Fino a che il vero inviato del Budda non apparirà in questo mondo, sarà molto difficile esporre questo sutra in accordo con le vere intenzioni del Budda e, inoltre, ben pochi faranno domande sul suo significato per risolvere i loro dubbi e avere una fede corretta.
Se una persona, per quanto umile sia, ha una saggezza anche un poco superiore alla tua, devi fargli domande sul significato di questo sutra. Ma in quest'epoca corrotta gli uomini sono tanto arroganti, pieni di pregiudizi e tanto attaccati alla fama e alla fortuna che, se divenissero discepoli di una tale persona e imparassero da lei, avrebbero paura di essere disprezzati. Continuando in questo atteggiamento sbagliato, cadranno nei cattivi sentieri.
Il capitolo Hosshi (Il maestro della Legge) afferma: «I benefici ottenuti da chi fa offerte al prete che insegna il Sutra del Loto saranno maggiori di quelli di un uomo che offrisse al Budda incalcolabili tesori per otto miliardi di eoni. E se poi ascolta l'insegnamento di questo sutra anche un solo momento, otterrà grandi benefici e proverà gioia».
Anche un ignorante otterrà benefici servendo chi espone il Sutra del Loto. Non importa se è un demone o un animale, se spiega anche una singola frase o una singola parola del Sutra del Loto, come dice il sutra stesso, «dovete alzarvi in piedi per accoglierlo quando è ancora lontano, dovete rispettarlo come un Budda».8 Dovete rispettarvi l'un l'altro come dei Budda, come fecero Shakyamuni e il Budda Molti Tesori (Taho) nella cerimonia del capitolo Hoto (L'apparizione della Torre preziosa).9
Può darsi che il prete Sammi-bo10 sia una persona di umile condizione, ma poiché può spiegare anche una piccola parte del Sutra del Loto, dovete rispettarlo come se fosse un Budda e fargli domande sulla dottrina. «Dipendi dalla Legge e non dalla persona»,11 questo dovete ricordare. [...]


Note

1) Junyoze: in senso stretto è la parte del capitolo Espedienti (Hoben) che inizia con Shoho jisso e finisce con hommatsu kukyo to. Qui presumibilmente indica anche la parte iniziale del capitolo (Niji seson. Ju sammai).
2) Jigage: la parte in versi del capitolo Durata della vita del Tathagata (Nyorai juryo hon) che inizia con Ji ga toku burrai e finisce con soku joju busshin.
3) Il capitolo Hiyu (Similitudini e parabole), il terzo del Sutra del Loto, consiglia di non predicare questo sutra agli stolti, per non esporli al pericolo di offenderlo.
4) Uno studioso: Tz'u-en (632-682), fondatore della scuola Hosso. Fu uno dei principali discepoli di Hsuan-tsang.
5) Sutra del Loto, cap. 10.
6) Ibidem, cap. 28.
7) Ibidem, cap. 2.
8) Ibidem, cap. 28.
9) Nell'undicesimo capitolo del Sutra del Loto, L'apparizione della Torre preziosa (Hoto), Shakyamuni dopo aver radunato tutti i Budda e bodhisattva dell'universo apre la porta della Torre preziosa. Il Budda Molti Tesori (Taho) lo invita a sedere accanto a sé e inizia la Cerimonia nell'aria.
10) Sammi-bo: uno dei primi discepoli del Daishonin, molto stimato per la sua cultura e abilità oratoria. Assistette Nikko Shonin nella propagazione nell'area del Fuji, ma poi divenne arrogante e abbandonò la fede all'epoca della persecuzione di Atsuhara.
11) Sutra del Nirvana, vol. 6.

giovedì 13 maggio 2010

I dieci fattori


I dieci fattori
Nel capitolo Hoben del Sutra del Loto c'è un brano, che leggiamo durante la pratica quotidiana, in cui Shakyamuni descrive la vera entità di tutti i fenomeni (shoho jisso) attraverso i dieci fattori. T'ien-t'ai «elaborò la fondamentale dottrina di ichinen sanzen (tremila mondi in un solo istante di vita) basandosi sulla parola shoho jisso, sui dieci fattori e sul mutuo possesso dei dieci mondi» (ibidem, p. 70).
Se la teoria dei dieci mondi e del mutuo possesso descrive gli stati vitali possibili e spiega la loro esistenza, anche se allo stato latente, nella vita che pulsa in un singolo istante, il principio dei dieci fattori spiega la realtà e il suo divenire, il movimento da uno stato vitale all'altro e la loro natura comune. In altre parole, ciascuno dei dieci mondi e dei cento mondi si manifesta nella realtà dei tre regni dell'esistenza attraverso i dieci fattori. Tutto questo avviene nel singolo istante presente, questo è ichinen sanzen.
I dieci fattori descrivono gli elementi che compongono la realtà. I primi tre fattori sono "statici", in quanto descrivono la realtà della vita, cioè l'essere, mentre i successivi sei fattori sono "dinamici", cioè descrivono il cambiamento della realtà, il divenire. Il decimo, la "coerenza dall'inizio alla fine", è il "collante" che unifica gli altri nove, i quali non sono in alcun modo scollegati o autonomi uno dall'altro. Se paragonassimo la vita a un motore, i primi tre fattori rappresenterebbero i "pezzi" che lo compongono, la realtà della vita così come è, mentre i successivi sei rappresenterebbero il suo funzionamento dinamico e la sua capacità di produrre lavoro. Il decimo fattore rappresenta il fatto che i pezzi del motore e la loro capacità di funzionare dipendono dal montaggio corretto, "coerente", dell'intero sistema.

I fattori "statici"

Il primo dei fattori "statici" è l'aspetto (so), la parte fisica e tangibile della realtà. Come scrive Nichiren nella Scelta del tempo «L'aspetto, il primo dei dieci fattori, è il più importante di tutti» (Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 2, p. 98). La sua importanza dipende dal fatto che l'aspetto, che comprende anche il comportamento, è la manifestazione della condizione interiore dell'individuo, e il progredire della sua rivoluzione umana si manifesta inevitabilmente attraverso un cambiamento nelle azioni concrete che egli compie.
Il secondo fattore è la natura (sho), la parte non visibile e non tangibile, costituita da quel complesso di pensieri ed emozioni chiamato "mente". Nichiren afferma: «La natura interiore è la mente», e anche: «Il secondo volume dell'Hokke gengi afferma: la natura interiore è eterna e inalterabile» (cfr. Il Buddismo di Nichiren Daishonin, Esperia, p. 118). Infatti, anche se è vero che la mente e lo spirito di una persona cambiano in base a vari fattori (lo scorrere del tempo, l'influenza dell'ambiente, le esperienze), è però altrettanto vero che nella persona c'è qualcosa che rimane costante e inalterabile e che è costituito dalla sua personalità, dalla sua specifica individualità o natura.
Il terzo fattore è l'entità (tai), l'insieme dei primi due, in quanto racchiude sia l'aspetto fisico che spirituale come un foglio di carta che è composto da due facce. Nichiren definisce l'entità come la combinazione del nostro corpo e della nostra mente. Attraverso questo fattore viene pertanto superato il dualismo tipico della cultura occidentale che separa corpo e mente creando spesso tra le due parti un rapporto antitetico e conflittuale.
Questo fattore è la "via di mezzo", l'entità profonda che solo un Budda può percepire e di cui i comuni mortali possono solo cogliere le manifestazioni fenomeniche costituite dai primi due fattori (aspetto e natura).


I fattori "dinamici"

Descrivono il meccanismo che genera il flusso degli eventi, illustrano la formazione e il funzionamento del karma, la causa e l'effetto dei fenomeni materiali e spirituali della vita, cioè l'evoluzione dell'entità nel tempo.
Foto: M.Barozzi
Consideriamo ad esempio il "fenomeno" della nostra vita. Ikeda spiega il collegamento tra questi fattori: «La vita ha poi varie capacità (potere) che agiscono all'esterno (azione) creando una causa nel profondo della vita (causa), la quale, quando viene attivata da condizioni esterne (relazione o causa esterna), produce un cambiamento (effetto) sempre nel profondo della vita, che alla fine si manifesta all'esterno (retribuzione o effetto manifesto)» (D. Ikeda, op. cit., p. 64).
In effetti ogni fenomeno possiede un potenziale latente ed espresso (potere e azione) e un'apertura al cambiamento (causa, effetto, relazione, retribuzione).
Vediamo adesso questi fattori separatamente.
Il potere (riki) indica l'energia potenziale della vita, che varia secondo lo stato vitale. T'ien-t'ai spiega che il potere è opera della perseveranza, cioè si accumula o varia in ogni istante, quindi nel tempo. Nichikan sostiene che il potere è la capacità di agire in ognuno dei dieci mondi (Il Buddismo di Nichiren Daishonin, p. 124).
Fondamentalmente esso indica le capacità latenti dell'aspetto fisico e spirituale dei fenomeni, e quindi della loro entità. Definisce quindi la capacità di agire, l'energia inerente alla vita per conseguire i suoi scopi.
Indica anche la direzione di ogni cambiamento dei fenomeni. Ad esempio il potere dell'Inferno è l'autodistruzione, quello dell'Avidità è il desiderio, quello dell'Animalità l'istinto e quello della Collera l'autoaffermazione, intesa come volontà di sopraffazione. La Tranquillità ha il potere del buon senso, dell'autocontrollo, mentre l'Estasi quello della gioia. Il potere dei tre veicoli è rappresentato dalla sapienza e dalla compassione.
Quando recitiamo davanti al Gohonzon, in cui sono riprodotti i dieci mondi, osserviamo la nostra mente (kanjin) e impariamo a riconoscere i dieci mondi nella nostra vita. Questo vuol dire imparare a riconoscere il nostro potere, cioè il potenziale consentito da ogni stato vitale. Il potere della Buddità è illimitato.
Il potere è la forza (o la debolezza) che stimola la vita di una persona, di ogni fenomeno, rappresenta la sua energia vitale innata, sia fisica che immateriale. Quando lottiamo per elevare il nostro stato vitale, stiamo cambiando il potere della nostra vita, stiamo imparando a scegliere il potenziale della nostra entità. Quando incoraggiamo o insegniamo il Buddismo a qualcuno, stiamo influendo sul suo potere.
Quando il potere si concretizza si trasforma in azione (sa), il quinto fattore. Secondo Nichikan l'azione è l'uso del pensiero, delle parole e del corpo per creare il bene o il male (ibidem).
L'azione si definisce in coppia con il potere, in quanto il rapporto tra questi due fattori è sincronico, cioè procedono di pari passo condizionandosi nella stessa unità di tempo. L'azione è in effetti la manifestazione concreta del potere.
È importante diventare consapevoli che grazie all'azione, cioè tramite pensieri, parole e azioni, si crea la causa karmica.
Non sempre tutte le potenzialità si trasformano in azione, perché le azioni dei fenomeni sono interconnesse a quelle degli altri fenomeni. Da questo possiamo dedurre due conseguenze pratiche.
Innanzitutto, il potere di uno stato vitale basso esprimerà un'azione conseguente, che potrà essere deviata, o influenzata, dall'ambiente in cui si esprime. Il potere di uno stato vitale più elevato esprimerà un'azione più forte, in grado di influenzare l'ambiente.
Questi due fattori spiegano anche, da un punto di vista teorico, la strategia del Sutra del Loto. Se un effetto negativo porta nella mia vita uno stato vitale di sofferenza, il mio potere e le mie azioni lo rispecchieranno. Ma se io prima di reagire a quest'effetto applico la strategia del Sutra del Loto, cioè se prima recito Daimoku, sia il mio potere che le mie azioni rispecchieranno il mondo di Buddità. Quando recito, pensiero, parole e azioni sono Nam-myoho-renge-kyo, e se lo sono le mie azioni lo diventa il mio potere, che influenzerà positivamente anche le azioni successive.

Causa ed effetto
I prossimi quattro fattori spiegano la legge di causa ed effetto (renge). «Il Buddismo insegna che ogni cosa nell'universo manifesta la Legge di causa ed effetto, di conseguenza nega non soltanto l'esistenza di un essere supremo, ma anche quella del caso. [...] In altre parole, il Buddismo afferma che non esiste effetto senza causa, e anche che ogni causa deve avere un effetto, indipendentemente dal tempo che esso impiega per manifestarsi» (R. Causton, DuemilaUno n. 78, p. 34).
Si distinguono due tipi di cause (interna ed esterna) e due tipi di effetto (latente e manifesto). L'interazione tra questi fattori spiega come si forma il karma e la possibilità di cambiarlo. Come chiarisce Ikeda, questi «quattro fattori spiegano in che modo le azioni di quest'io causano il cambiamento della sua condizione vitale dall'uno all'altro dei dieci mondi» ( D. Ikeda, I misteri di nascita e morte, Esperia, p. 143)
Il sesto fattore è la causa interna (in). Ogni azione (pensiero, parola o azione fisica) resta incisa nella profondità della vita (ottava coscienza) sotto forma di causa latente, che a sua volta produce un effetto latente dello stesso segno (positivo o negativo), coerente con lo stato vitale. È come un seme piantato nella vita, che sarà fatto maturare quando entra in relazione con una causa esterna
Il settimo fattore, la relazione, o causa esterna (en), è così definita in quanto esprime la relazione tra causa esterna ed effetto latente. È la funzione che collega la vita al suo ambiente e che permette all'effetto di divenire manifesto, di realizzarsi, così come consente la produzione di un nuovo effetto. Si può vedere come la connessione tra la vita e le influenze esterne.
L'ottavo fattore è l'effetto latente (ka). All'interno della vita (ottava coscienza) ogni volta che si produce o si modifica una causa, simultaneamente si manifesta un effetto latente. Cosa distingue l'effetto latente dalla causa interna? «La causa interna è la tendenza che si è costruita dentro di noi fino al momento attuale, mentre l'effetto latente è la direzione futura della nostra vita considerata in questo stesso momento» (D. Ikeda, La vita mistero prezioso, p. 171). Rispetto alla causa interna, l'effetto latente rappresenta l'altra faccia di una stessa medaglia, e il fatto che sia successiva va inteso da un punto di vista logico, non temporale. Nichikan spiega che «ciò che la mente ha prodotto è la causa interna, ciò che produrrà è l'effetto latente. In realtà entrambe dimorano simultaneamente nella nostra vita» (Il Buddismo di Nichiren Daishonin, p. 126).
Il nono fattore è la retribuzione, o effetto manifesto (ho). La causa interna, imbattendosi in una causa esterna, fa sì che l'effetto latente si manifesti in una retribuzione karmica. L'effetto manifesto rappresenta l'evento positivo o negativo che si manifesta nella vita. Secondo T'ien-t'ai «l'effetto manifesto, che sia buono o cattivo, è una reazione visibile alla causa interna e all'effetto latente» (ibidem).
Questo fattore si esprime nel mondo fisico, mentre il principio di causalità descritto dagli altri tre fattori è legato al mondo spirituale. In pratica sono comunque concatenati, e la retribuzione nasce insieme alle cause, anche se viene percepita realmente in un momento successivo nel tempo. Questo vuol dire che la manifestazione dei fenomeni e il modo in cui li percepiamo non sono altro che il prodotto del karma, come l'immagine del nostro volto riflessa in uno specchio.
Il principio di causa ed effetto, o legge del karma, non deve tuttavia indurci al fatalismo. Se è vero, infatti, che le retribuzioni che sperimenteremo nella vita sono in gran parte già presenti nell'ottava coscienza come cause interne ed effetti latenti, è anche vero che esse non sono di per sé né positive, né negative, in quanto tutto dipende dallo stato vitale con il quale le affrontiamo. Quando si diventa consapevoli del principio di responsabilità contenuto nella legge del karma, questo si tramuta in un decisivo principio di speranza. Infatti, se tutto ciò che mi capita dipende soltanto da me stesso, ciò è vero sia in negativo che in positivo. Per questo la via maestra all'Illuminazione e alla pace del mondo corrisponde nel Buddismo a un profondo cambiamento interiore, che produrrà invariabilmente un cambiamento del destino personale e di quello del proprio ambiente. [Sulla trasformazione del karma vedi anche Il Mondo del Gosho, Il Nuovo Rinascimento nn. 303-305, e Buddismo e Società n. 102]
Il decimo e ultimo fattore è la coerenza dall'inizio alla fine (honmatsu kukyo to), e sta a indicare che il complesso dei vari fattori è coerente e organico. Un aspetto infernale, ad esempio, ha una natura sofferente, un potere distruttivo e manifesta un karma negativo, mentre un aspetto di Budda ha una natura saggia, un potere illimitato e manifesta un karma positivo.
A un livello più profondo, tutti i fattori sono manifestazioni della Legge mistica. «Considerare ogni cosa come manifestazione di Myoho-renge-kyo è percepire la vera entità di tutti i fenomeni; questa è la saggezza del Budda. In un altro Gosho il Daishonin scrive: "I dieci fattori della vita sono Myoho-renge-kyo". Nam-myoho renge-kyo è la Legge fondamentale dell'universo [la vera entità] che incessantemente si manifesta come vita nei dieci mondi [tutti i fenomeni]. Chi si illumina alla Legge fondamentale dell'universo è un Budda e il suo stato illuminato è espresso nel Gohonzon: pertanto i dieci fattori indicano il Gohonzon» (D. Ikeda, I capitoli Hoben e Juryo, p. 68). Quando preghiamo davanti al Gohonzon con fede, e la nostra saggezza si fonde con la realtà della Legge, la nostra vita quotidiana, illuminata da Nam-myoho-renge-kyo, rivela la vera entità di tutti i fenomeni. La vita dell'individuo, così come è, può manifestare Nam-myoho-renge-kyo, senza bisogno di fuggire dall'ambiente in cui si vive o di diventare diversi da ciò che si è. Ovunque noi siamo, comunque siamo fatti, abbiamo i dieci fattori nella nostra vita. Attraverso un'ardente preghiera diventiamo Budda della vera entità di tutti i fenomeni, capaci di realizzare pienamente la nostra missione.

Ichinen sanzen
I dieci mondi e il loro mutuo possesso, i tre regni e i dieci fattori costituiscono i principali elementi del sistema di ichinen sanzen, la dottrina dei tremila mondi in un singolo istante di vita che costituisce l'essenza del Sutra del Loto secondo la sistematizzazione fatta da T'ien-t'ai, maestro cinese del VI secolo d.C.
Ichinen tradotto letteralmente significa "una mente" o " un pensiero", e sta a indicare il vero aspetto della vita, la realtà fondamentale che si manifesta in un singolo istante. Sanzen significa "tremila", e indica i fenomeni dell'universo, dal punto di vista dell'insieme delle leggi invariabili in base alle quali la realtà fondamentale si manifesta. I due termini sono un altro modo di indicare shoho jisso, e riassumono una complessa e affascinante visione del mondo che spiega la mutua compenetrazione e interdipendenza tra tutti i fenomeni dell'esistenza e la realtà fondamentale della vita.
Tuttavia il Buddismo di T'ien-t'ai corre il rischio di preservare la purezza del Dharma a scapito della sua praticità. In altri termini, la sua pur corretta interpretazione è di difficile sperimentazione: e senza salvezza dalla sofferenza per tutti gli esseri umani, lo scopo originale del Buddismo, esemplificato dal voto del Budda di "rendere tutti gli esseri uguali a lui", perde significato. Nel Buddismo di T'ien-t'ai lo scopo della pratica era quello di cogliere la vera entità di tutti i fenomeni nella propria vita «osservando la propria mente» (kanjin). Anche per questo possiamo parlare di ichinen sanzen teorico.
Nell'ultimo giorno della Legge il Buddismo di Nichiren Daishonin, che materializzò nel Gohonzon l'ichinen sanzen concreto, non ci insegna solo la contemplazione della vera entità, ma recupera la forza originale del messaggio di speranza e trasformazione, rivelandosi come una filosofia di riforma e di progresso che mira a far risplendere in tutti i fenomeni della vita individuale e della società l'entità della mistica Legge (Nam-myoho-renge-kyo).
Nelle parole di Nichiren: «Vi sono due modi di percepire ichinen sanzen, uno è teorico, l'altro è reale: quello dei tempi di T'ien-t'ai e Dengyo era teorico, quello che io pratico adesso è reale, e, poiché questo modo di praticare è di per sé superiore, anche le difficoltà sono maggiori. Quello era l'ichinen sanzen di shakumon [insegnamento teorico], questo è l'ichinen sanzen di honmon [insegnamento concreto]; vi è fra i due una differenza di gran lunga maggiore di quella tra la terra e il cielo» (Gli Scritti di Nichiren Daishonin, vol. 5, pp. 82-83).
Nichiren riconosce che «la dottrina di ichinen sanzen deriva dai dieci fattori contenuti nel primo volume [secondo capitolo] del Sutra del Loto». Questa dottrina, che si riassume nei quattro caratteri di shoho jisso, in ultima analisi indica il Gohonzon.
Come Nichiren spiega nel Vero aspetto del Gohonzon, «questo mandala non è in alcun modo un'invenzione di Nichiren. È l'oggetto di culto che riproduce perfettamente il Budda Shakyamuni nella Torre preziosa e tutti gli altri Budda che erano presenti, così fedelmente come la stampa riproduce la matrice. [...] Questo è il vero oggetto di culto. Questa manifestazione è quello che indica il Sutra [del Loto] con la frase "tutti i fenomeni rivelano la vera entità" [shoho jisso]" (op. cit., vol. 4, pp. 202-203).
Come il Gohonzon materializza la Legge della vita (Nam-myoho-renge-kyo), anche il principio di ichinen sanzen (concreto) rappresenta l'interazione continua tra il mondo dei fenomeni e la realtà fondamentale della vita, rivelando che ogni fenomeno esiste in un singolo istante di una vita individuale, e che perciò in ogni istante di vita è racchiuso un potenziale infinito.
Tecnicamente sanzen (tremila) si ottiene moltiplicando i dieci mondi per se stessi, in base al principio del mutuo possesso (10 × 10 = 100), moltiplicandoli per i 10 fattori (100 × 10 = 1000) e infine per i tre regni dell'esistenza (1000 × 3 = 3000). Dobbiamo però tener conto che una mappa non coincide mai con la realtà che descrive, e quindi questi elementi che abbiamo studiato separatamente, indicano alcuni aspetti del meccanismo di funzionamento della vita che servono a orientarsi "sul campo".
Quindi non è essenziale una perfetta comprensione intellettuale degli elementi di ichinen sanzen per poterne sperimentare la portata. La porta della Buddità è la fede. Se la realtà di shoho jisso e di ichinen sanzen può essere compresa solo da un Budda, come afferma il Sutra del Loto, il Buddismo di Nichiren insegna il principio di sostituire la fede alla saggezza, in quanto una fede corretta diventa di per sé saggezza.
Una metafora dal Gosho paragona i princìpi del Buddismo agli elementi necessari a costruire una nave, la nave che ci consente di attraversare il mare della sofferenza: «Solamente la nave di Myoho-renge-kyo ci permette di attraversare il mare della sofferenza... [il Budda] varò la nave sul mare della sofferenza. Spiegando le vele delle tremila condizioni sull'albero della dottrina della via di mezzo, il vascello, guidato dal vento favorevole di "tutti i fenomeni rivelano la vera entità", avanza sollevandosi sulle onde e trasporta tutti i credenti che, grazie alla loro fede pura, possono accedere alla Buddità» (op. cit., vol. 4, pp. 262-3). Quindi, come spiega Nichiren, ichinen sanzen e shoho jisso sono le vele e il vento che fa navigare, ma è la fede che ci permette di salire a bordo e goderne.
Per questo il Daishonin non rivendica "meriti intellettuali", ma piuttosto la capacità di amare e la forza della fede nonostante gli ostacoli, come afferma nell'Apertura degli occhi: «Per quanto riguarda la comprensione del Sutra del Loto, io ho solo una minima parte delle grandi capacità possedute da T'ien-t'ai e Dengyo, ma per la mia capacità di sopportare le persecuzioni e per la mia grande compassione, credo che li farei vergognare» (op. cit., vol. 1, pp. 113-4). Lo stesso concetto è ripreso anche nel Gosho Risposta al signore Shijo Kingo: «Lasciando da parte per ora la questione della mia saggezza, ritengo che per le avversità che ho sopportato e le ferite che ho subìto in quanto alleato del Sutra del Loto, ho sorpassato persino il Gran Maestro T'ien-t'ai della Cina e sono stato superiore addirittura al Gran Maestro Dengyo del Giappone» (op. cit., vol. 8, p. 83).
La stessa vita di Nichiren è la dimostrazione di come la fede nel Gohonzon permetta di trasformare ogni veleno in medicina, e di quanto la pratica della vera entità possa rendere saldi nel trasformare la sofferenza.
Una volta compreso shoho jisso, diventa chiaro che la verità si trova nella stessa realtà. Questo punto di vista è il cuore di ichinen sanzen, è la via di mezzo del Buddismo tra una visione idealista e una materialista della realtà che ci permette di percepire che ogni aspetto della vita si accorda con la Legge di Nam-myoho-renge-kyo. In pratica la vera entità della vita (jisso) e tutti i fenomeni nei quali si esprime (shoho) sono due ma non due, e non possono esistere separatamente. Si rivelano nei dieci fattori che spiegano, come abbiamo visto, gli aspetti statici e dinamici della vita. Poiché i dieci fattori sono "coerenti dall'inizio alla fine" in ogni istante possono rispecchiare lo stato vitale di uno dei dieci mondi, e in base al principio del mutuo possesso, dei cento mondi. Infine il concetto dei tre regni spiega il motivo per cui non esistono due esseri viventi identici: non solo perché anche i tre regni rispecchiano i diversi stati vitali, ma anche perché esistono specificità che nascono nella vita di ogni individuo. Anche se siamo tutti un aggregato di cinque componenti, il funzionamento di queste ultime varia da individuo a individuo.
Ikeda spiega che: «La vera entità di tutti i fenomeni è fondamentalmente un principio di trasformazione del presente. [...] è la saggezza che ci permette di far scaturire lo stato di Buddità dalla nostra vita e di realizzare un mondo di pace e di tranquillità» (D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, vol. 1, p. 135). Questo perché il punto centrale spiegato da ichinen sanzen è che ogni vita contiene al suo interno il fondamentale potere alla base dei fenomeni dell'universo, che si rivela tramite il loro funzionamento.
Foto: M.Barozzi
La pratica ci permette di sperimentare che «la vita in ogni istante permea l'universo e si manifesta in tutti i fenomeni. Chi si risveglia a questa verità realizza la mutua compenetrazione tra la sua vita e tutti i fenomeni» (Gli Scritti di Nichiren Daishonin, vol. 4, pp. 3-4). Ed è quindi in grado di trasformare la realtà della propria vita, del proprio destino, del proprio ambiente. «La voce della Legge mistica, la nostra recitazione del Daimoku davanti a questo Gohonzon, richiama la natura di Budda che esiste in noi. Una volta risvegliata, la natura di Budda cerca di manifestarsi all'esterno e di conseguenza, che ne siamo consapevoli o meno, il sole dei dieci fattori del mondo di Budda sorge nel nostro cuore» (D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, vol. 1, p. 137).
Comprendere il principio di ichinen sanzen vuol dire non concepire più la propria esistenza come separata, ma come entità interrelata armoniosamente con l'insieme della vita cosmica. Ma per vivere questo principio a fondo e poterlo usare per trasformare noi e il nostro ambiente serve sviluppare la nostra Buddità coltivando alti ideali, la massima determinazione e uno sforzo costante. «Comprendendo la saggezza della vera entità di tutti i fenomeni ogni difficoltà è un'opportunità preziosa e irripetibile, ogni tipo di karma negativo può essere trasformato in una missione splendida e luminosa. Quando avrete piena fiducia in questa verità sarete colmi di speranza. Ogni persona ed esperienza che incontrerete diventerà un tesoro unico e prezioso» (ibidem, p. 144).

BIBLIOGRAFIA

D. Ikeda, I misteri di nascita e morte, 1998, Esperia, pp. 141-146
D. Ikeda, I capitoli Hoben e Juryo, 1999, Esperia, pp. 63-67
D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, 1999, Esperia, pp. 124-145
D. Ikeda, La vita mistero prezioso, 1995, Sonzogno, pp. 163-175
D. Ikeda, La vera entità della vita, Esperia, pp.1-71
DuemilaUno n. 40, pp. 4-43
DuemilaUno n. 78, pp. 13-44
Il Buddismo di Nichiren Daishonin, 1997, Esperia, pp. 116-127